A trent’anni dal primo storico film sull’uomo pipistrello, abbiamo deciso di celebrare questa ricorrenza attraverso un articolo che metta a confronto il lavoro di Tim Burton con quello, decisamente più attuale, di Christopher Nolan. L’articolo non analizzerà aspetti tecnici o personaggi secondari, l’intento è semplicemente quello di raccontare come i due registi abbiano pensato, e di conseguenza rappresentato, Batman.
Momenti storici differenti, uguale spirito innovativo
Nel 1979 Batman era un supereroe decisamente in calo di popolarità. Dopo la serie tv degli anni ’60 che aveva visto Adam West impersonare un uomo pipistrello comico in una serie tendente al kitsch, decisamente lontana da quanto ideato anni prima dai creatori Bob Kane e Bill Finger, Benjamin Melniker e Michael E. Uslan hanno un’idea, acquistano i diritti per un film dalla DC Comics con un obiettivo evidente: far dimenticare al pubblico l’immagine che era andata a corrompersi di Batman, per ripristinare quella di un tenebroso paladino della giustizia.
Il progetto subisce parecchie modifiche e non incontra il favore di alcun regista finché, nel 1985 la Warner, dopo averne acquistato i diritti, affida il progetto a Tim Burton.
La scelta poi di un attore come Michael Keaton che, fino a quel momento, si era fatto notare più che altro per film comici o commedie romantiche, solleva non poche polemiche. Ben presto però, il pubblico capisce che Burton aveva modellato il suo Batman attingendo dalla tradizione fumettistica, creandogli un’ambientazione che ne esaltasse l’alone di mistero.
Simile è il discorso che riguarda Batman Begins, primo capitolo della trilogia di Christopher Nolan: anche per il regista britannico il primo passo fu quello di tagliare i ponti con il passato. La cesura avrebbe quindi permesso di abbandonare sia il gotico esasperato di Burton che il colore stravagante di Shumacher.
Le perplessità e le riserve su di un regista che aveva perlopiù girato solo thriller-noir furono legittime ma, col senno di poi, decisamente errate.
Il suo Batman infatti è stato in grado non solo di ottenere un successo al botteghino tutt’ora difficilmente eguagliabile, ma di dare all’uomo pipistrello una modernità mai avuta prima.
Eroe e Antieroe
La figura del protagonista ha subito, almeno per quanto riguarda il cinema, un drastico mutamento a cavallo del nuovo millennio: se prima era l’eroe senza macchia ad andare per la maggiore, ultimamente ha sempre più presa sul pubblico l’eroe tormentato o, addirittura, l’antieroe.
I due Batman analizzati rispecchiano in pieno questa trasformazione: se quello di Burton è un integerrimo paladino della giustizia, quello di Nolan invece mostra i segni di una vita che lo ha ferito profondamente e si trova spesso molto vicino alla sottile linea di demarcazione che separa il bene dal male. La foto qua sopra ne è un esempio.
Le difficoltà e i punti deboli del protagonista, sono poi evidenziate ulteriormente dalla scelta degli antagonisti, estremamente diversi tra loro ma capaci di colpire laddove l’uomo pipistrello mostrava le proprie debolezze: Ra’s al Ghul cerca di sfruttare la sua mancanza di esperienza, Joker il suo senso di giustizia e la sua moralità e Bane la forza che, invecchiando, lo sta lentamente abbandonando.
Il doppio
Il doppio è uno dei temi più ricorrenti della letteratura e non solo. Un vero e proprio topos letterario che, in quanto tale, vanta un’infinità di esempi.
Partiamo da un’affermazione di Italo Calvino, la cui penna scrisse forse l’interpretazione più originale del doppio ne Il Visconte Dimezzato:
“Ho pensato che questo tema dell’uomo tagliato in due, dell’uomo dimezzato, fosse un tema significativo, avesse un significato contemporaneo: tutti ci sentiamo in qualche modo incompleti, tutti realizziamo una parte di noi stessi e non l’altra.”
Se il doppio letterario non è nient’altro che la rappresentazione della scissione dell’animo umano chi, se non Batman-Bruce Wayne, può vantare due personalità così differenti conviventi nella stessa persona?
Se Burton sviluppa solo parzialmente questo elemento, limitando l’analisi approfondita del conflitto tra miliardario e supereroe, è Nolan a capirne e sfruttarne a pieno le potenzialità.
Nei Batman del regista di Burbank Bruce Wayne è quasi una macchietta che fa da contraltare ad un Batman che è puro, un eroe. Egli è ormai diventato adulto e ha seppellito le proprie paure ed i propri dolori, risultando, anche nelle vesti del miliardario, un ritratto sfocato di Batman, allo stesso modo integerrimo e misterioso, ma nella maniera posata che si confà ai modi dell’uomo più in vista della città.
Per Nolan il discorso è totalmente differente poichè il doppio assume dei connotati fortemente psicologici, una metà del protagonista tende a prevalere sull’altra e viceversa: nel primo film la natura più irascibile del carattere del giovane Bruce inizia ad emergere fino a manifestarsi concretamente in Batman, nel sequel essa trova il perfetto equilibrio con Bruce Wayne, fino a che, nell’ultimo capitolo, pare addirittura prevalere, fino alla drastica rinuncia finale.LEGGI ANCHE Cinque italiani soccorsi mentre cercavano il bus di Into the Wild
La maschera
L’aspetto estremamente interessante di Batman è, a mio avviso, proprio la questione della maschera. Immediatamente verrebbe da pensare che la maschera sia il mero oggetto che permette all’uomo pipistrello di mantenere segreta la sua identità, la verità però è assai differente, se consideriamo la maschera da un punto di vista letterario.
Nel romanzo Uno, Nessuno, Centomila, Luigi Pirandello, attraverso la metafora della maschera, spiega come quest’ultima non sia altro che un velo di Maya che mistifica la personalità dell’uomo che la indossa: in poche parole, nel caso del supereroe in questione, la maschera è presente quando il protagonista si mostra come Bruce Wayne. Egli appare spesso contrario a Batman e, soprattutto nella versione nolaniana, arriva addirittura a schernire il supereroe mascherato, dilettandosi nel mostrarsi eccentrico ed arrogante, difetti per nulla parte della sua personalità ma orchestrati ad arte per dissimulare la sua reale identità.
Conclusione
Batman è da sempre il supereroe nettamente più cavalcato cinematograficamente parlando. I motivi sono svariati ma probabilmente, su tutti, quello principale è l’empatia che suscita negli spettatori: è vero, egli è nato estremamente ricco, ma la vita è stata comunque particolarmente ingiusta con lui, gli ha tolto più di quanto gli abbia dato. Non ha superpoteri, se non una forza di volontà che spesso rasenta i limiti della pazzia.
La sua vera natura può essere spiegata prendendo a prestito un termine reso celebre da Hegel, ovvero L’Aufhebung, per descrivere il procedimento della dialettica che, al contempo, conserva e mette via ciascuno di due momenti.
Ebbene, come il divenire non è altro che il prodotto di essere e nulla filtrato attraverso il setaccio dell’Aufhebung, così Batman è il frutto maturo della bipartizione, quasi manicheista, della persona e del paladino della giustizia.
Ed è per questo che tutti lo amano, egli non è l’uomo né il supereroe, bensì ciò che sta nel mezzo, o meglio, nell’ombra: Il Cavaliere Oscuro.
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