BATMAN & ROBIN – raccontiamo il quarto capitolo su Batman

BATMAN & ROBIN – raccontiamo il quarto capitolo su Batman

RECENSIONE presa da

[http://www.i400calci.com/2020/02/nanananananananana-batman-robin-1997/]

di George Rohmer

La sobrietà tipica degli anni ’90.

Come la prendereste se vi dicessi che Batman & Robin è un film importantissimo?

È sempre una sfida parlare di Batman & Robin e non credo ci sia bisogno di spiegare il perché. Nella mente del fanboy, il podio delle cose peggiori del ventesimo secolo va più o meno così:

1) Star Wars: Episodio I
2) il nazismo
3) Batman & Robin

Mi pare futile sottolineare ancora una volta le mancanze di un film che sappiamo tutti essere problematico, per usare un eufemismo. Mi sembra più interessante sfruttare questa sede, e i 23 anni trascorsi, per riesaminare il film a mente fredda. Non arriverei a parlare di una rivalutazione, perché no, dai, Batman & Robin è semplicemente BRUTTO. Termine tecnico che noi ka$ta dei kritici utilizziamo per definire un film inequivocabilmente BRUTTO. Però, per lo meno, mi piacerebbe tentare di rileggere uno dei più clamorosi passi falsi nella storia dei film tratti da fumetti (la parola con la “C” ve la usate voi) sia contestualizzandolo nel suo tempo, sia in riferimento con quanto è uscito dopo. Perché c’è un prima e un dopo Batman & Robin. L’ho già detto che Batman & Robin è un film importantissimo?

È il 1995. Sei la Warner Bros. e hai appena constatato con soddisfazione che il pubblico si è bevuto il tuo Batman Forever come una sorsata d’acqua fresca, o come uno spritz aperol in una giornata di primavera dopo un lungo e cupo inverno tra i set di Anton Furst. Che, non lo metti immediatamente in lavorazione un sequel?

E siccome che se c’è una cosa che Hollywood proprio non capisce è che, specialmente quando hai una proprietà di successo tra le mani, è meglio non affrettare le cose, lasciare che chi di dovere scriva, produca e confezioni un sequel coi controcazzi e lo faccia uscire dopo un tot per contare anche sull’effetto attesa (non succede praticamente mai, è successo giusto con Frozen II solo perché ci vuole un botto di tempo a realizzare un film d’animazione), tu, Warner Bros., decidi che detto sequel debba uscire subito, al più presto, cavalchiamo l’onda signori, stampiamo banconote, usiamole per accendere sigari e farci il bagno insieme a un gruppo di costose escort pagate con il frutto delle nostre sagge decisioni.

Sessismo.

E così un due tre via! Confermi Joel Schumacher alla regia e Akiva Goldsman alla sceneggiatura. Dai loro pochissimo tempo per mettere insieme qualcosa, ma tipo che Batman Forever è uscito a giugno 1995 e le riprese di Batman & Robin partono a settembre 1996 e finisco a gennaio 1997, per una data d’uscita fissata a giugno dello stesso anno. Credo ci volesse più tempo per confezionare un sequel del Giustiziere della notte.

Grande Attore in un Ruolo Umiliante.

In questo senso, oltre 20 anni dopo, è molto più interessante rivedere Batman & Robin piuttosto di Batman ForeverForever è un ibrido, una via di mezzo tra quanto era venuto prima – i film di Tim Burton – e un primo, timido tentativo di Schumacher di tornare a un’estetica di Batman pre-Frank Miller. Come ogni progetto nato da enormi compromessi e una visione poco chiara, è un film moscio e incerto. Batman & Robin, d’altro canto, pur essendo BRUTTO (lo ribadisco), ha molta più personalità e una visione chiarissima di cosa vuole essere. Batman & Robin sta a Batman Forever come Batman – Il ritorno sta a Batman.

È un film d’autore. È Joel Schumacher a briglia sciolta che gira un gigantesco episodio della serie con Adam West e Burt Ward. Con tanto di effetti sonori da cartoon, sottotrama di disarmante convenienza (il farmaco sviluppato da Mr. Freeze è guarda caso l’unica cura per il morbo di Alfred) e battute stile “Batman! Un nuovo cattivo è comparso e ha preso il controllo del museo di Gotham!”. Un nuovo cattivo! Ci manca solo che Mr. Freeze e Poison Ivy abbiano gli scagnozzi a tem… Ehi, aspetta un attimo, è esattamente così!

Meta-cinema.

Che Batman & Robin sia un cartone animato kitsch e volutamente naif (“post-moderno”, direbbero i più informati) non è esattamente un segreto. John Glover (l’attore che interpreta lo scienziato che divide con Poison Ivy un delizioso co-working nella giungla amazzonica e, anni dopo, sarebbe diventato il papà di Lex Luthor in Smallville) ha raccontato che, sul set, “Joel sedeva su una giraffa con un megafono e prima di ogni ciak gridava: ‘Ricordate, questo è un cartoon’”.

È un’idea sbagliata? No, è solo confezionata male. Qualsiasi tipo di materiale può essere declinato in modi diversissimi tra loro e Batman ne è la testimonianza definitiva. Un personaggio che, in ottant’anni di storia, è partito da “vigilante che spara ai gangster con la pistola”, passando dall’era del Comics Code e del camp, per fare tutto il giro e tornare a essere un eroe dark che, però, ripudia le armi. E il bello è che è sempre rimasto popolarissimo in ogni sua incarnazione.

E comunque, dov’è il mio cazzo di tenente O’Hara?

Perciò il problema non sta tanto nel fatto che Joel Schumacher, autore, volesse portare al cinema, per una volta, non il solito Batman cupo e solitario, ma quello colorato e compagnone degli anni ’50 e ’60. Il problema sta nel fatto che non ha avuto il tempo materiale di fare le cose come si doveva. Forse anche perché la sua idea è arrivata troppo presto, in un’epoca in cui sopravviveva ancora il concetto anni ’80 che il presente fosse, a livello estetico ma non solo, l’epoca più figa della storia, e che non fosse dunque necessario strizzare l’occhio al passato e alla nostalgia. Pensate solo a cosa avrebbe potuto cavarne fuori oggi gente tipo gli Astron-6, o, senza scomodare loro, pensate al fatto che esiste una parodia porno fatta bene della serie anni ’60.

È dunque un problema di forma, più che di contenuto (comunque non eccelso, sia chiaro). L’esempio perfetto di questo sono i set in cui praticamente tutto il film è girato: è evidente che si tratta di set, così come era evidente nella serie TV. Ma se quelli risultavano divertenti e camp, questi fanno venire la claustrofobia e sanno invariabilmente di finto, proprio perché realizzati con più soldi e con un occhio alla magniloquenza che tradisce lo spirito cheap originale. È l’effetto uncanny valley: più ti avvicini al vero, più si vede che sei finto.

Non tutto è da buttare: migliore Gotham di sempre o migliore Gotham di sempre?

Il cast di certo non aiuta: George Clooney è Cane Vero TM, e si vede dal suo repertorio di faccette e movenze Parkinson che all’epoca non aveva ancora incontrato i Coen. Chris O’Donnell e Alicia Silverstone sono piatti e insopportabili, il peggio degli anni ’90 condensato. Molto meglio Uma Thurman, non supportata, purtroppo, da materiale adeguato, e soprattutto Colui Che Qui Non Necessita di Introduzione.

Arnold Schwarzenegger (pagato 25 milioni di dollari) si mangia la scena, sparando a ruota doppi sensi sul ghiaccio con un’attitudine “Otto Preminger chi?” che non può non conquistare, e ne esce fuori come l’unica scheggia superstite di una visione che avrebbe potuto essere eccezionale, se solo le cose fossero state fatte a modino.

Arnold Schwarzenegger mentre valuta se accettare o meno il ruolo di Mr. Freeze.

Eppure, come ho detto all’inizio, “Batman & Robin è un film importantissimo”. “C’è un prima e un dopo Batman & Robin”. Perché senza questo strafalcione costosissimo, l’era dei supereroi al cinema come la conosciamo oggi non sarebbe mai nata. Prima ancora di Batman Begins, già X-Men di Bryan Singer era nato con l’intento chirurgico di adottare l’approccio totalmente opposto al film di Schumacher: da un lato un maggiore realismo, dall’altro il rispetto per il materiale originale, trattato non più come roba per teenager disadattati, ma con la riverenza che si riserva alla letteratura. Sta tutto lì il cambiamento di approccio che ha aperto la strada alla Marvel Age of Movies. Non fosse stato per un pazzo che voleva rifare Adam West al cinema, non sarebbe mai arrivata.

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