“Ogni anno facevo una vacanza. Andavo a Firenze. C’è un cafè sulle rive dell’Arno. Ogni sera andavo a sedermi lì e ordinavo un Fernet Branca. E avevo un sogno: che un giorno guardando tra la gente e i tavoli, l’avrei vista lì, con sua moglie, e magari con un paio di marmocchi. Lei non mi avrebbe detto una parola, e nemmeno io a lei. Ma entrambi avremmo saputo che ce l’aveva fatta. Che era felice.”.
E’ questa la “speranza” nutrita per molti anni dal maggiordomo di casa Wayne, Alfred Pennyworth, che, nel finale del Cavaliere Oscuro – Il Ritorno viene finalmente esaudita.
Eppure, vista la naturale propensione del regista a giocare con quel velo sottile che separa la raltà, della narrazione cinematografica, dai territori del sogno, sono molti a essere ancora convinti che quella parte di finale del lungometraggio ambientata a Firenze, sia solo una sorta di visione del “padre sostitutivo” di Bruce Wayne.
Michael Caine, in un’intervista pubblicata su HeroComplex, svela il segreto di questo passaggio:
Erano li. Ed erano reali. Non era la sua immaginazione. Erano reali: lui era con Anne, la donna-gatto, e io ho continuato a vivere la mia vita felice e contento, come gli ho detto in precedenza nel film.
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