Il cavaliere oscuro, secondo capitolo della trilogia di Batman scritta e diretta da Christopher Nolan, usciva nei cinema 12 anni fa, ma resta indelebile nella memoria collettiva per la potenza dei personaggi messi sullo schermo e il fascino della confezione.
L’Atlantic lo definisce «il film che cambiò Hollywood», il Washington Post ha recuperato le recensioni negative dell’epoca, /Film e Polygon hanno realizzato una serie di articoli celebrativi, di cui uno addirittura intitolato “Non vedremo mai più un film come Il Cavaliere Oscuro“. E la lista è lunga.
Credo che a nessuno interessi festeggiare i 15 anni di Kill Bill o gli 80 di Susanna!, che per quanto sia un ottimo film resta nella memoria adolescenziale soltanto di chi ricorda che con mezzo dollaro si poteva comprare un biglietto del cinema e frullati a volontà.
Perché allora tanto clamore per un anniversario del genere? Il decimo compleanno di Batman Begins, ricorrenze di peso come i 40 anni di Guerre stellari e tanti altri film del 2008 non hanno ricevuto e non stanno ricevendo così tanto spazio. Forse perché film come Guerre stellari sono già canonizzati e non si sente il bisogno di tornarci troppo sopra? O forse perché negli ultimi anni questa retromania ha raggiunto un punto di accumulazione talmente critico da rendere notiziabile qualsiasi data tonda?
Anche a causa della saturazione del genere, i cinecomic hanno cercato negli anni la diversificazione, implementando strutture che conferissero una forma alternativa alla scazzottata tra eroe e antagonista. Nel caso de Il cavaliere oscuro, il dramma morale e i gangster movie spinsero ai margini l’elemento supereroico. Certo, resta una storia con buoni e cattivi mascherati, ma è assente tutta la retorica del fantastico: ogni elemento è riportato a una giustificazione terrena che è stata poi depredata da tutti i franchise con velleità autoriali.
Il cavaliere oscuro è un film che verrebbe percepito diversamente se proiettato oggi. Per gli standard attuali, che propongono film magniloquenti, giganti, affollati e accaldati, sarebbe uno di quei film di seconda fascia, asciutto nei personaggi e nelle scene d’azione. E non avrebbe il traino del marketing virale che ha creato attesa spasmodica nello zoccolo duro dei fan. Scomparse le criptiche campagne di marketing che diffondevano le notizie a goccia, una foto sfocata, un sito web con una zucca di halloween marcescente, una traccia audio distorta da ricostruire, quel marketing criptico funzionò per un po’ ma a un certo punto, con esperimenti successivi che non potevano contare sull’iper-riconoscibilità del personaggio principale, portò al timore che il pubblico non inquadrasse nel minor tempo possibile che tipo di film gli stava venendo proposto (portando alla realizzazione di trailer che raccontano tutto il film come Batman v Superman o Prometheus).
Scott Mendelson su Forbes scrive che il film riuscì a incassare un miliardo di dollari in tutto il mondo (senza il 3D o il supporto dei botteghini cinesi) perché «fu la tempesta perfetta di attesa, interesse da parte del pubblico, bontà del franchising e tragedia che sfocia nella vita vera e tutto questo aiutò a promuovere un prodotto d’intrattenimento insolitamente ben realizzato». Secondo Mendelson, oltre alle contingenze extra-filmiche, il segreto della pellicola risiedeva nel suo essere un dramma di tensione ma anche un film d’azione con uno dei supereroi più conosciuti al mondo.
«Il cavaliere oscuro è un testamento» scrive l’Hollywood Reporter. «Un invito al cambiamento, a rompere le regole, a modificare il canone e introdurre un po’ di anarchia».
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